Immagine di I figli della mezzanotte

Pensate ad un Aureliano Buendia indo-pakistano, non il capostipite, ma uno degli ultimi Buendia, il frutto di una saga familiare lunghissima e forse interminabile, dategli un nome diverso, ovviamente legato alle sue origini orientali, alla sua religione, contestualizzatelo in un momento importante della storia del suo Paese, magari un periodo recente, dei cui fatti si sentono ancora gli echi e qualcuno, anche se lontano da noi, ne ha certo memoria.

Ebbene, questa è la trama in poche parole de I figli della mezzanotte di Salman Rushdie, si proprio quello scomunicato per Versetti Satanici.

Questo signore, dalla cittadinanza britannica ma dai furbi occhietti orientali, ha scritto un capolavoro assoluto, non a mio parere ma a detta di chi gli ha riconosciuto il Book Prize!

Giusto per svelarvi solo un po’ di trama vi dico che la voce narrante di Salem Sinai inizia il racconto da molto prima della sua nascita.

Noi oggi non ci pensiamo, ma quanto è tremendamente importante nelle nostre vite, il percorso, le esperienze dei nostri avi, dei nostri nonni, quelle che si trasmettono a noi incoscientemente attraverso gli atteggiamenti dei nostri genitori, sul modo di affrontare gli eventi, le paure e le gioie di nostra madre e di nostro padre?

Bene si vede che Rushdie lo sa ed intreccia la voce narrante del protagonista tra il suo immediato, e all'inizio incomprensibile, presente alle bramose cure della sua Padma - il suo "loto-sterco" - nella fabbrica di conserve, al passato remoto che vede suo nonno, nella sua terra natia il Kashmir, cercare altro in cui credere oltre Dio.

Parte da così lontano per intessere le trame di vita di 3 generazioni con i drammatici eventi storici che animano il novecento del sub-continente indiano in una miscellanea di religioni, credenze e magie.

Un percorso onirico e magicamente raccontato, costellato da fatti e personaggi reali, veramente esistiti ed accaduti

Tra i primi la strage del 13 aprile ad Amritsar nel grande recinto Jallianwala Bagh che innescò la protesta pacifica al dominio inglese, per passare al racconto di quella vigilia di Mezzanotte, che portò la dolorosa separazione tra India e Pakistan, la diaspora di intere popolazioni e la miccia del fondamentalismo religioso.

Salem racconta la vita in terra pakistana lontano dalla sua amata Bombay, racconta i vizi mortali, le smanie di politici e i militari che hanno manovrato gli eventi a ridosso delle formazioni dei nuovi Stati. Inquadrature precise di spazi e luoghi, di città, dal quartiere dei maghi di Delhi all'ombra della grande moschea del venerdì in mattoni rossi alla nascente metropoli di Bombay, come le foreste di mangrovie del Sundarbans (proprio quelle di Amitav Gosh!).

Un racconto dai toni epici che percorre le tappe storiche recenti e rifletti echi di passato della grande panacea che è la Madre India.

Un libro che lascia la curiosità di sapere di più e che ti offre la possibilità di fare un ripasso di eventi storici che hanno caratterizzato ed ancora determinano la vita di una gran parte di popolazione di questo mondo.

Per contenere e diffondere l’entusiasmato che mi ha suscitato il libro, non ho visto cosa migliore da fare che lanciare su Anobii - l’indispensabile portale su cui tenere on line la traccia dei propri libri letti - un gruppo sulla letteratura indiana e dell’India. Sono una malata di India e la letteratura mi permette di essere là comodamente e economicamente da casa mia.

Namastè!