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Il nostro amico Sampath

Di Narayan Rasupuram K., C. Tarolo (Traduttore)

Un libro dotato di leggerezza ma non superficiale, con uno sguardo che abbraccia una intera comunità, l'immaginaria città di Malguti, ma che non rinuncia a brevi ma intense profondità su singoli personaggi.

La storia è protagonista, le vicende si susseguono rapide e singolari: il protagonista, Srinivas, è uomo di intelletto e di spiritualità, male si presta alle attività pratiche e agli oneri di una famiglia. Cerca una soluzione di vita che gli possa permettere di rispettare se stesso, mantenere e farsi rispettare dai suoi cari.
Trova dimora nei pressi di Market road e Kabir Lane, nella casa in affitto di un vecchio avaro passato all'ascetismo per questioni economiche e al primo piano della "Tipografia verità" dove inizia a comporre il suo giornale: The Banners. Grazie al tipografo Sampath, che di suo senso pratico ne ha da vendere, lui, l'editore, può occuparsi solo del significato. Un idillio per il nostro intellettuale!
Solo brevemente interrotto dall'arrivo della famiglia, la moglie con il figlio, che stufi di essere parcheggiati dal cognato, si presentano e si intromettano nelle dinamiche di vita dell'editore: composizione, rotativa, spedizione, definizione di contenuti, linea editoriale ecc.
La vita prende la sua giusta piega anche con il famigliari accanto, il giornale ingrana.
L'uovo nel paniere viene rotto dalle ambizioni del tipografo Sampath: fare del cinema, investire negli studios, produrre un proprio film. Con le sue doti di adulatore Sampath convince Srinivas che sospendere The Banners è la strada giusta per impegnarsi in questa nuova fonte di profitto, il tutto finalizzato all'acquisto di una nuova e più potente rotativa da stampa per continuare a stampare il settimanale ed avere una diffusione migliore.
L'editore si convince e diventa sceneggiature, si scontra con gli interessi e le meschinità di chi collabora all'impresa. È un crescendo di impegni, passioni e avvenimenti, incalzante, fino all'epilogo. Il grande sogno hollywodiano si incrina, e il primo a svegliarsi - incolume - è il nostro editore.

Sino alla fine il libro sembra essere scevro di messaggio. Tutto è piacevole, il linguaggio schietto e lineare descrive piacevolmente la città, i suoi fatti e i suoi abitanti. Ma non lascia, e ci si chiede leggendolo: " È tutto qui?". Ingredienti giusti ancora da lievitare. La torta in questo caso gonfia tutto insieme, nelle ultime 15 pagine. Nell'epilogo dei fatti si capisce dove voleva portare lo scrittore, il messaggio. Non sempre la strada più breve è la migliore, è giusto prendersi le proprie responsabilità, le più onerose, le più lontane dalla nostra indole, se sono le nostre. È giusto lasciare che accada se la responsabilità è di altri, non sempre è possibile spiegare, divulgare o applicare il proprio pensiero, a volte, ed è giusto renderse conto, è necessario che rimanga nostro, e le cose del mondo facciano il loro corso.

Tornerò a Malguti, magari con meno fretta, con meno aspettative, cercando ed apprezzando la leggerezza e semplicità delle sue parole.