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Ho letto questo libro grazie al gruppo di lettura formatosi sull'omonimo gruppo di discussione di aNobii Un Filo d'India grazie all'iniziativa di Stefania Memole che potrete conoscere meglio sul suo piacevolissimo blog.

Arrivo tardi a parlare del libro, nonostante lo abbia finito più di un mese fa. Questo dipende dal fatto che non mi ha appassionato molto. La sua lettura si è protratta a lungo e in modo disomogeneo e faticoso. Posso dire adesso, a conti fatti, anche ingiustamente, perché alla fine, qualcosa il libro mi ha lasciato. Vero è, che non mi ha appassionato troppo. La sua narrazione ha una delicatezza di modi, un'assenza di fatti e una tale immobilità che mi ha poco avvinta e convinta, almeno all'ingranare della lettura. È stato il gruppo di lettura che mi ha spinto a finirlo, altrimenti, probabilmente, lo avrei lasciato lì.
Cosa mi ha lasciato?
I personaggi sono molto ben caratterizzati, molto ben indagati nella loro interiorità, nel loro modo di essere nella società proprio in relazione a questo loro essere in loro. Quattro fratelli, uno disabile, due molto ribelli ed audaci, caparbi, in lite tra loro per screzi del passato, la quarta, la più giovane, fuggita alla vita immobile della Old Delhi grazie ad un matrimonio con un diplomatico, tenta il riavvicinamento dei due, mettendo in crisi il precario e provvisorio equilibrio incrostato dagli anni, dando nuova luce alle loro vite. La partizione sullo sfondo, si svolge, concatenando le loro vite alla storia, ma non i loro animi, fino ad una nuova alba, in cui i rancori si sciolgono alle porte della vecchiaia.

Un consiglio. Non attendevi trami, eventi o intricati intrecci indiani. Qui c'è l'immobilità di un giorno d'afa e il gusto di saper aspettare che il monsone passi e nutra le anime arse.