Diario di viaggio.

foto flick

La tappa successiva si presenta impegnativa, Karni Mata Temple, il tempio dei topi.
Ragazzi, qui credono nella reincarnazione, ogni essere vivente ha il diritto di vivere, anche i sorci! Un po’ mi agita come negarlo, camminare scalza incontro ai sorci non è certo la mia passione, ma voglio provare, perché negarsi quest’esperienza.
Il piccolo tempio in marmo bianco è abitato da tempo memorabile da orde di roditori che rimangono inalterate nel tempo, immutabili in quantità. Fenomeno strano, studiato anche scientificamente.
Scendiamo dall’autobus e ci accoglie un’atmosfera irreale, nessuno ci chiede niente, ne penne, ne rupie, ne sapone. Silenzio, nemmeno il clacson. Già questo trasuda irrealtà. Ci leviamo le scarpe e per fortuna ci sono concessi i calzini.

Un primo portone, si passa in grande cortile aperto. Cammino a testa bassa e ogni tanto tiro su gli occhi. A destra una fontana, dei bambini giocano con l’acqua, i primi topi gli passano sui piedi, i bambini continuano indifferenti. Topi piccoli per fortuna. Velocemente passo il cortile, sotto un portico, a terra uomini stesi in siesta con gli inquilini del tempio che gli passano accanto e sopra. Altro portone, altro cortile coperto stavolta, attraverso un passaggio protetto da una balaustra bassa traforata.
Guardo a sinistra, no proprio ora, proprio davanti a me una squadra di calcio di sorcetti decide di passare nell’altra meta campo, rallento, li faccio passare, dietro mi urtano, mi spingono avanti, ah ecco… tutti suoi miei piedi. Scatto indietro e trattengo il grido di schifo, riflesso incondizionato. Mi vergogno del gesto, per loro sarebbe una benedizione e procedo, avanti avanti, tra poco é finita, prosegui! L’ingresso della cella è occupato a terra da una madre con il figlio sulle ginocchia; il bambino ha la testa riversa all’indietro e la bocca aperta. I topini scodazzano avanti in dietro ad un soffio dal bambino. Davanti alla donna un grande piatto con il cibo a palline gialle, offerto dai fedeli agl’animali che altro non sono che i devoti reincarnati della patrona della città, Karni Mata, incarnazione di Durga moglie di Shiva. Per me possan essere chi vogliano, io ho già visto troppo. Valutazione lampo, così può bastare, direi di si!

Giro sui tacchi e a capo basso sempre, in solitario stavolta, ripercorro i miei passi. Butto l’occhio a destra, un piatto d’offerte trabocca di topi, qualcuno è anche morsicato. Ho pensato: si mangiano tra loro, orrore! Accellero il passo, autobus, ietto i calzini e mi disinfetto bene piedi e mani. Impressionante. Niente di evidentemente sporco o schifoso, ma questo connubio uomini e topi è troppo. Indigeribile. Ho ancora stampato in mente i bambini che giocano con l’acqua e gli uomini che dormono a terra tra i roditori. Possono convivere in un solo mondo questo mio atteggiamento di ribrezzo con la loro tranquilla convivenza?! Surreale.

Lascio una sacca con maglie e pantaloni adoperati, appoggiate al tempio, vorrei regalarli a qualcuno ma mi vergogno a darli direttamente in mano, ho paura di ferire qualcuno. Per fortuna la busta è raccolta da una giovane madre che capisce e ringrazia copiosamente in direzione dell’autobus. La diffidenza iniziale della folla che sosta fuori dal tempio si scioglie. Una giovane coppia ci porge la piccola figlia in braccio. È Cristina la fortunata, addirittura bacia la piccola. Piano piano, “dire dire”, dicon gli indiani, la nostra riluttanza viene meno, le nostre remore da turisti asettici si sciolgono, i riflessi incondizionati sono più forti. I bambini ne sono il mezzo.
Ancora bus, ancora Bhagavaghita, ancora Arjuna e Krisnha, chiacchere e pennica. Con molto ritardo, quasi alle 22, siamo a Jaipur. L’albergo non regge il paragone con il precedente ma funziona e c’è tutto, o quasi. Al rientro in camera troviamo Daniela che si prepara a dormire beatamente in un letto senza rete, materasso a terra. Le risate non hanno freno e risuonano per tutto il piano. Le giornate non finisco mai, una volta in camera comincia la dimensione da compagne di scuola, fatta di risate gioiose e convulse che mutano in confidenze.