Diario di viaggio.

foto flick
14 agosto.
Oggi è il giorno di valico, da domani saremo nella seconda metà della vacanza. Ma non c’è tempo per pensarci, né tanto meno per ricordarsi che giorno sia. La vacanza ha un ritmo serrato, incalzante.

Stamani colazione anticipata alle 6.30.
È difficile, non solo per noi, anche per gli indiani non è facile alzarsi presto. Siamo arrivati in sala colazione prima dei camerieri. Che tempi che hanno! Fanno una cosa alla volta, portano un pezzo per volta, "dire dire" è la loro espressione piano piano.
Ci siamo anche fatti fare il lassi, è un yogurt leggero, annacquato e molto dolce, gonfio come un frappè. Lassi suona - oltre che come Lassie - come lassativo, e in effetti, aiuta... Non che, fra tutti, ne abbiamo bisogno... la forte aria condizionata degli alberghi aiuta molto di più. Le modalità di evacuazione sono argomento frequente e affrontato senza remore o pudori, nonostante si sia un gruppo di persone insieme da pochissimo tempo. Come succede in tutti i cambiamenti d’aria no? Oramai ci siamo abituati alla diversità della nostra cacca.

Prima tappa della giornata, il tempio Janmbhoomi sorto sul luogo di nascita di Krishna. Ci siamo arrivati con due jeep, che ci hanno portato fino a 50 mt dall’ingresso attraversando un paesaggio estraneo fino ad allora, fatto di villette uni-familiari molto simili alle nostre ma con incrostazioni decorative tipicamente indiane. La numerosa polizia disseminata
strategicamente attorno al tempio, contribuisce alla precoce alienazione della mattina.
Davanti all’ingresso, una gincana di cordoni per gestire le file e poi metal detector separati, lady and man. Tre poliziotte sorridenti ci accolgono.
Ma?! Queste poliziotte indiane danno delle sensibili palpate ai seni?! …fortunatamente ho trovato conferma negli occhi delle mie compagne di viaggio, non hanno lasciato sconvolta solo me! Procediamo scalzi sul pavimento umido della guazza notturna. Gradini, un primo ambiente a corridoio, di nuovo all’esterno, altra stanza, fino alla grotta di Krishna.

Non riesco ancora ad apprezzare l'arte figurativa indiana, così naif così idialliaca, e anche l'arredo è estremamente diverso da quello dei luoghi sacri occidentali, così casuale, così poco... eterno! È come se non avessero il gusto dell’eleganza dei luoghi, della raffinatezza dei complementi d’arredo. Come se queste fossero destinati a non rimanere... Cerco di spiegarmi.
L’eleganza indiana è spontanea, naturale, è il gusto che le donne hanno nello loro vesti, dai colori decisi e contrastanti, stridenti ma armoniosi, dei loro lineamenti marcati, dei gioielli grossi ma non spocchiosi. Nei luoghi, anche in questo particolarmente importante - tanto da pensare ad un arma di distruzione di massa dentro seni occidentali e palparli animosamente - vince il contatto umano sulla sacra, distante, eleganza. Per noi sarebbe impensabile mettere un nastro dorato natalizio su di un crocifisso o alla cornice di una madonna.
Nelle nostre chiese c’è attenzione all’arredo dei paramenti, candele o fiori. Lì vince la spontaneità del rapporto con la grande folla, un po’ come con gli ex voto. In questa stanza dalle pareti con colori scuri, alcune persone sono sedute in terra a leggere e pregare, ed è appena le 7.30. Tra questi un ragazzino che ad occhio e croce avrà 14 anni, e tiene in mano uno di quei libri orizzontali.
È strana la forma di questi libri religiosi, sono rilegati sul lato più corto, come dei libri contabili, sono dei rettangoloni scritti fitti fitti. Da qui siamo andati alla sala grande, vi si accede con una gradinata esterna e al centro, evidente, individuiamo la cella dell’idolo.
Le pareti e il soffitto, sono affrescate con scene della vita dell’ottava incarnazione di Vishnu. Ci perdiamo con Massimo della decifrazione degli avvenimenti illustrati: l’amrita, la gola blu, le Gopi pastorelle con cui l’adone dalla faccia scura amoreggia, anche se ne preferisce una sola, Radha. Da questi bucolici avvenimenti parte la dissertazione erudita del nostro accompagnatore, su trascendere il piacere, sopire il desiderio e godere senza bramare di farlo. Io c’ho capito poco, ammetto che più ci penso e più mi annodo, in compenso abbiamo però collezionato il primo ritardo della giornata!

Di corsa verso l’albergo, gli altri, quelli sensati, quelli che… la mattina preferiscono dormire che andar per templi… ci aspettano per le 9.00! Si sarebbe stati anche in orario se davanti a noi, un camion non si fosse arenato su una montagna di rena, appunto.
Il camionista padrone del mezzo, doveva avere un culto divergente sia al vishnuismo sia shivaismo, uno votato allo zapatismo probabilmente. Aveva appeso alla cabina del camion all’altezza della targa, con una catena, come un prezioso ciondolo, una scarpa da uomo, chiusa, risuolata. Seguace di Zapata, e io, con la mia mania delle scarpe lo capisco pure, oppure una sorta di porta fortuna, un numero uno, come il primo dollaro di paperondepaperoni. Potrei attaccare il mio primo tacco dieci allo specchietto retrovisore?