Foto Sonia Squilloni
Hotel Rajastan, stanza 207. Una triplia.
Formato il terzetto delle tre zie (non ho sbagliato, non volevo scrivere zibe, volevo davvero scrivere zie!): Io, Tiziana e Daniela.
L’albergo è buono, anche questo è importante, visto quello che abbiamo visto lungo la strada. La camera spaziosa, ma la cosa veramente, veramente strepitosa è il panorama, peccato che la foto non renda.
Una finestra a scorrere anni ’70 lascia ammirare seppur filtrato dai vetri scuri il lago, una lunga passerella pedonale e del verde, tanto verde. Svolti primari bisogni, lascio lo spazio alle coinquiline e mi assaporo questo ben di Dio. Appollaiata sul davanzale mi gusto questo primo quadro .
C’è un piccolo approdo dell’albergo al lago, una sorta mini ghat (scalinate che immergono nel fiume, elementi unici, non riscontrabili nella cultura occidentale dove tra fiume e città spesso vengono poste barriere): una apertura ad arco dal muro di confine chiusa con un cancello e tre gradini esterni che entra in acqua. Sopra ad incorniciare il sublime angolo un frondoso albero, immenso, popolato da una quantità di rapaci mai vista.
Respiro a pieni polmoni. Non ci posso credere. Sigaretta, inaspettata compagna di piaceri. Accendo, gusto.
Non resisto all’ingordigia di tenere traccia di quest’immagine.
Le foto sono belle quando sono momenti rubati, stappati per caso al tempo, ma quando i quadri della natura sono contemplativi e ti entrano addosso in tal modo, non ce n'è più tanto bisogno. Non è semplice accettarlo, o forse non è semplice fare un gesto di rinuncia.
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