Diario di viaggio.

foto Sonia Squilloni

-"C'è una turbolenza, che succede?"

- "Ehm no… solo... un atterraggio brusco!”

Risveglio burrascoso da un intorpidimento ancestrale.
Le cispe agl’occhi sembrano fossili preistorici. Stordimento completo. Imito il flusso delle persone, mi alzo, raduno le mie cose - conto, uno due tre pezzi, ok ho preso tutto - scendo le scalette e cerco un riferimento, un pulmino, una navetta.

Mi guardo attorno,niente. La gente si incammina a piedi verso una baracca. Qualcosa non torna. Mi devo riprendere, è il caso di svegliarsi. O dove diavolo sono finita nel sonno?

Cerco il gruppo, facce conosciute. Mi avvicino all’edificio che proprio pericolante non è in effetti e mi accorgo che è l’aeroporto. Siamo a Udaipur, la città più meridionale del Rajastan, la nostra prima meta.


Al recupero bagagli il gruppo si rivela subito compatto, solidali. C'è chi aspetta davanti ai bagagli quelli dalle vesciche più deboli, i fumatori innescano il loro gesto consueto e si avvicinano all’uscita. Ci raggruppiamo appena fuori dalla porta, sotto l’occhio distratto di un gruppo di autisti in attesa. Come mai nessuno ci viene incontro? ...siamo riconoscibili come già organizzati? Oh yes! Non siamo ambiti. Ci trasciniamo da soli i bagagli fino all’autobus, ma sarà l’ultima volta.

I miei occhi corrono attorno in cerca di informazioni. La vegetazione è lussureggiante, il verde è intenso anche se la luce del giorno è fioca, velata dalla cappa di umido e calore. L’aria ha il solito odore della bottega del droghiere, un po’ meno stantia magari, forse il garzone ha arieggiato! Attorno cani randagi, fango, sguardi poveri e dignitosi.

Incontro a me viene una donna, io mi fermo e lei procede. È alta, magra, dignitosa ed elegante, incede scalza con un fagotto in testa, una mano al fardello, l’altra lungo il fianco, modello mannequin. Abiti leggeri, colorati, verde, rosa.. un top le lascia fuori le costole vistosamente visibili, le caviglie spuntano ossute inanellate da bracciali d’argento e cavigliere a campanella, un dolce tintinnio l’accompagna. Passa in mezzo ad un gruppo d’uomini senza voltare lo sguardo, dritto davanti a sé.

- “Visto? Così scendono a lavorare nei campi, che eleganza vero?”

La strada dall’aeroporto all’albergo è stato il nostro primo banco di prova. Il sole non c’era e questo non ha aiutato. La luce monotona, che non evidenzia nessun tocco di colore, rendeva tutto più squallido. Le baracche lungo la strada, negozi o case, le tende, la vita in strada e per terra, gli autobus strabuzzanti di gente scalza e sorridente, vestita di stracci, il clacson, le mucche, la guida a sinistra e la precedenza al mezzo più grosso, i peli tra vetture, veicoli e cicli. Un piccolissimo assaggio che a messo a dura prova qualcuno ed anche i miei orecchi, intolleranti a quei giudizi frettolosi, tipo “poverini, guarda quello, ma vivono così?"

Definiamo il programma, prima sosta albergo, piccola pennica di un paio di ore, pranzo rifocillante, vero hindi e poi vai con l’india!