Diario di viaggio.

Qui troviamo le nostre calzature sotto sequestro. Ci verranno restituite solo sotto elargizione del riscatto, detta anche lauta mancia. Non erano in custodia, le avevamo solo abbandonate, sono stati gli indigeni a prenderle a balia.
Si tratta di pochi spiccioli ma caspita, è il principio! Abbiamo scritto in fronte, “turisti fessi spillateci qualche rupia”? Il tipo non ha alcun diritto di chiederci niente, infatti al gruppo di uomini non chiede niente. Prenderà comunque la mancia.
Anche questa è India.

Direzione autobus, sono le 16 e incominciamo a sentire esigenza di cibo… anche se a paragonarci con gli indiani non sembriamo certo denutriti.

Foto Luca Gatti

Prima di riprendere il bus, si rende necessario la sosta toilette. Bagni del tempio a detta di qualcuno impraticabili. Non rimane che “scendere in campo” come dice Benigni. Più facile a dirsi che a farsi, ogni angolo potrebbe essere il retro di casa di qualcuno.
Dopo un po’ di sguardi indagatori trovo personalmente - ne esigo il merito - il posto adatto e collettivizzo lo spazio. Sono stata educata al "comunismo" e chi non piscia in compagnia… sorvolo i dettagli.

All’autobus la prima folla di indigeni, il primo contatto in massa. Siamo circondati da donne, bambini e venditori. Ci rivolgono un mix di cordialità, curiosità e, perché nò, la speranza do guadagnarci qualcosa.
Non è stato un contatto indolore, qualcosa scatta.
Non saprei dire bene cosa, una combinazione di paura, pietà e imbarazzo per queste due cose. Ingoio tutto, ruminerò in seguito. Si riparte. Pioggia e autobus. Sosta in un villaggio per recuperare banane, patatine e biscotti e si riparte.