
Gli autisti non parlano una parola di inglese, capirsi non è affatto semplice. Ripetiamo allo sfinimento il nome di Mathura, che capiamo solo alla fine si pronuncia Matrà , almeno così dicon loro… alle 17 circa arriviamo in un centro abitato, sembra la metà , ma non ci fermiamo proseguiamo diritti.
Le forze cominciano a venir meno. L’aria veloce dal finestrino ci tiene desti. Ci fermiamo ad un incrocio che sapremo in seguito essere centrale a Mathura. Scendiamo a chiedere informazioni, o meglio i nostri autisti chiedono.

Eravamo accostati lungo la strada, a ridosso di venditori ambulanti di dolci e bevande che a bocca aperta non hanno smesso di guardarci un istante. Ci siamo sgranchiti, le nostre facce evidenziavano le nostre pessime condizioni. Ripartiamo verso l’albergo che troviamo al secondo tentativo e che per fortuna era un bell’ambiente.
L’aria condizionata ci costringe ad accenderci una sigaretta e stare fuori, l’abissale differenza arriva subito all’intestino e smuove quello che non ha ancora smosso il cibo indiano, meglio stare alla larga prima di entrare in possesso della chiave della camera! Una volta ottenuta la chiave il tempo è quello di recuperare i bagagli dall’esercito dei portatori di valige, gestire le mance e passare dal bagno per l’indispensabile.
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