Diario di viaggio (17 agosto)

Jahangir Mahal, foto flickr di fabian-f

Finalmente pietra, terra e cemento. Solidi, concreti e geometrici.
Arriviamo varcando il ponte sulla Betwa, un affluente della Yamuna.
Dove? Ai due Palazzi di Orcha: Jahangir Mahal, che visitiamo per primo, e il secondo ma non meno splendido, Raja Mahal.
Godo delle loro simmetrie. Ci addentriamo nei volumi del palazzo. Mi posso permettere di scegliere vie alternative nei percorsi della guida perché l’edificio è occidentalmente leggibile: un cortile quadrato sul quale affacciano i 4 padiglioni angolari sormontati da una cupola arabeggiante, dove gli avvoltoi fanno da padroni.
È in restauro, anche qui uomini e donne si affaccendano con placidi ritmi ai loro lavori.
Non mi aveva mai appagato così la simmetria, a dire il vero, non è mai stata nelle mie corde, ma mai come adesso ne ho sentito il bisogno. Sono 14 giorni che sono in India e già sento la mancanza dei miei riferimenti architettonici. L’altro palazzo ci regala preziose pitture, e in merito a riferimenti mancanti, qui potremo dilungarci a lungo. Questi decorazioni azzurrine hanno lo stesso fine tratto delle “grottesche”, lo stesso scopo, arredare con echi preziosi alla mitologia.

Prossima tappa la città.
Passando dal suo vuoto tempio Chaturbhuj Temple. Altissimo sopra la ripida gradinata domina il bellissimo panorama dove il fiume serpeggia tra batuffoli di verde e pinnacoli di pietra. La guida cartacea dice che qui vicino c’è addirittura una collina, Sonagiri, con 77 templi jain sorti in onore dei “tirthankara”, i traghettatori. Butto là la cosa al lucertolone-tour-leader ma niente.
Ma cosa può riservare questa terra? Io non ho parole. Lo sconcerto è tale che, per recuperare la dimensione occidentale, mi dedico, ma con me diverse altre persone, allo shopping convulso. Il beneficio generato dall’ora di yoga mattutina si è esaurito, e per fortuna che con il valore della rupia, qui è molto meno dannoso. Anche se i vizi rimangono… tipo comprare un paio di ciabatte del numero più basso solo perché s’intonano al vestito comprato a Jaipur. Sulla strada del ritorno verso l’albergo ho la stessa aria sfatta del primo giorno dei saldi.
In albergo, recuperate le uova sode del pranzo, partiamo direzione
K H A J U R A H O!
L’acclamato centro tantrico famoso per le sue sculture erotiche e per la bigliettaia del complesso sud (quest’utlimo è una nota personale del nostro tour leader!).
Questo lo sento proprio scivolare… sarà un flop! Prima o poi deve arrivare questa fregatura non può mica filare tutto così liscio?! Mete selezionate, compagni di viaggio piacevoli, aspettative confermate… quando arriva l’inghippo?! Più in là accade e peggio è!
M’addormento quasi subito sull’autobus.
Leggerezza, è la mia vacanza, il primo viaggio in India!
A detta di molti, la fregatura - se così si vuol chiamare - arriva in serata. Ci avevano promesso una danza classica indiana e ci siamo ritrovati ad un musical boolliwoodiano, almeno così dicono i miei compagni di viaggio. Che dire?! Da ignorante quale sono, la differenza forse sta nel ritmo?

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