Lasciamo Agra che ci ha ospitato per ben due notti, senza troppo dispiacere, almeno da parte mia… è una grande città , non concede confronto, almeno a per fruitori così fugaci come noi.
Prima di montare sul bussino, riesco a lasciare ad una signora le mie magliette e i miei pantaloni usati, sempre con il solito imbarazzo di chi non vuole offendere nessuno… tanto che presa dal panico cerco la porta dell’autobus sulla destra, come se la guida fosse a sinistra! Panico per due secondi netti, ma panico vero?! Oddio! Mi hanno lasciato a terra! La nostra meta è Orcha via Gwailor, dove ci fermeremo a visitare, città e palazzi.
Ancora strada, ancora paesaggi. Quanto mondo scorre da questi finestrini, tante diversità . Capanne di paglia somiglianti ai nostri fienili, in questo contesto un desertico sono abitazioni dignitose, con tanto di recinzione e giardino; case di mattoni crudi, una vicino all’altra per sorreggersi a vicenda, cemento armato con i ferri a vista come nel nostro meridione. Ma c’è qualcosa in più, la gioia del colore per esempio, che sprigiona dai murales pubblicitari, vanno oltre il messaggio d’acquisto, diventano arredo urbano. E sono hand made, non sono stampe su materie plastiche!
Distese di sabbia, dune, alberi e cielo, nuvole e cielo. Vorrei fermare tutto questo, vorrei respirare tutto questo, mangiarlo e non cacciarlo più dalla mia pancia e dai miei occhi. Poi come dire, niente si crea e niente si distrugge, da tutto questo, anche dalla scomoda posizione accartocciata che tengo su quel nascosto seggiolino, qualcosa fiorisce. Nessuna pretesa, fermo solo quello che sorprendendo anche me mi è passato per la testa, una dichiarazione di intenti:
Prima di montare sul bussino, riesco a lasciare ad una signora le mie magliette e i miei pantaloni usati, sempre con il solito imbarazzo di chi non vuole offendere nessuno… tanto che presa dal panico cerco la porta dell’autobus sulla destra, come se la guida fosse a sinistra! Panico per due secondi netti, ma panico vero?! Oddio! Mi hanno lasciato a terra! La nostra meta è Orcha via Gwailor, dove ci fermeremo a visitare, città e palazzi.
Ancora strada, ancora paesaggi. Quanto mondo scorre da questi finestrini, tante diversità . Capanne di paglia somiglianti ai nostri fienili, in questo contesto un desertico sono abitazioni dignitose, con tanto di recinzione e giardino; case di mattoni crudi, una vicino all’altra per sorreggersi a vicenda, cemento armato con i ferri a vista come nel nostro meridione. Ma c’è qualcosa in più, la gioia del colore per esempio, che sprigiona dai murales pubblicitari, vanno oltre il messaggio d’acquisto, diventano arredo urbano. E sono hand made, non sono stampe su materie plastiche!
Distese di sabbia, dune, alberi e cielo, nuvole e cielo. Vorrei fermare tutto questo, vorrei respirare tutto questo, mangiarlo e non cacciarlo più dalla mia pancia e dai miei occhi. Poi come dire, niente si crea e niente si distrugge, da tutto questo, anche dalla scomoda posizione accartocciata che tengo su quel nascosto seggiolino, qualcosa fiorisce. Nessuna pretesa, fermo solo quello che sorprendendo anche me mi è passato per la testa, una dichiarazione di intenti:
“ Vorrei essere una stella,
per mirare il mondo dall’alto.
Vorrei credere alle cose belle,
a nient’altro.
Vorrei salire su un ramo,
volare via.
Vorrei nascere ancora,
tornare poesia.”
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